Camilla Ronzullo. La carta è la mia personale madeleine
Intervista a Camilla Ronzullo di Zelda was a writer che a Printered parla di empatia, di scelte, di libertà e soprattutto della fiducia che ha nella carta.
Nata a Milano, sul finire degli anni ʼ70, Camilla non è riuscita a evitare i pantaloni a zampa di elefante, la felpa che faceva le scintille e le scarpe ortopediche. Nonostante questo, si è laureata in Storia e Critica del Cinema, gestisce con Clelia Bos unʼAssociazione culturale chiamata Bastian Contrari e scatta fotografie come se non ci fosse un domani.
Ha scritto un libro e sogna una nuova storia, con nuovi capitoli e nuovi personaggi. Ama fare colazione, collezionare taccuini e dedicarsi suo Zelda was a writer che, con il tempo, è diventato un punto di riferimento per amanti delle parole scattate e delle immagini scritte.
Venera Orson Welles e impazzisce per i panini alti.
Definisci in 3 parole/concetti cos’è per te la creatività.
Rifugio. Maternità. Coraggio.
Ho scritto le prime tre parole che la tua domanda mi ha stimolato, l’ho fatto senza pensarci troppo. La creatività per me è un rifugio amniotico in cui potermi nascondere, sentire al sicuro e rigenerare. Mi allontana dalle cose lasciandomi connessa con tutto. È il non-luogo in cui riesco a giocare con infinite dimensioni, con infiniti materiali.
La creatività è il mio senso più profondo del procreare: mi ha permesso di essere madre infinite volte, ricordandomi il coraggio dell’attraversare soglie, del cambiare di continuo pelle, dell’espormi mettendo in luce fragilità ed entusiasmi bambini, del sentirmi finalmente me stessa accettando di non definirmi mai.
Ti muovi in differenti campi, mantenendo però sempre un tuo stile ben definito. Come si conquista una propria immagine e stile e come si fa a mantenerli pur adattandosi agli stimoli e ai cambiamenti esterni?
Non credo si possa parlare in termini di conquista. Io mi sento in corsa e in perenne mutamento. Non lotto per essere coerente con un’immagine di me, ma alimento con tenerezza e rispetto il coraggio del seguirmi e dell’assecondarmi.
Credo che il più grande pericolo di questi tempi sia quello di reiterare modelli creativi in qualche modo vincenti, sia perché molto amati e seguiti, sia perché citati da chi, in un dato momento, viene considerato autorevole. La forza di chi crea risiede nel rimettere sempre in discussione tutto, senza mai fermarsi a pensare troppo. È ricerca e rivoluzione. Assalto e tempesta. Un richiamo all’azione spesso improvviso e detonante, di cui è difficile prevedere esiti e risultati. Foriero di grandi timori (Piacerò? Mi capiranno? Riuscirò a riconoscermi?) eppure imprescindibile, montante, vitale quanto l’ossigeno. Insomma, la tipica condizione da croci e delizie.
Hai appena scritto un libro e ne recensisci tanti, hai una tua linea di stationery Scrapzelda, sorge spontanea la domanda… che rapporto hai con la carta?
Per me la carta è un luogo felice, materico e sensoriale. Credo proprio sia la mia personale madeleine. Con la carta ho un rapporto di estrema fiducia, so che non mi tradirà mai, che a uno strappo o a uno sbaglio ci sarà un modo ancora più creativo per rimediare, per creare un senso nuovo.
Della carta mi piace tutto. Il suo peso. Il suo profumo. Il fatto che sia capace di resistere al tempo che passa senza la pretesa di rimanere sempre uguale a sé stessa. Della carta mi piacciono il silenzio e la capacità – a dispetto di ogni previsione – di avere un suono. Mi piace il suo rispetto per i segreti, la capacità di venirti a cercare quando ne hai più bisogno. Lo fanno i libri e i taccuini, lo fanno anche certe cartoline che trovi per caso su una bancarella e che ti raccontano vite sconosciute, gettandoti in dimensioni lontane nel tempo ma parallele, ancora interrogabili.
Come gestisci il tuo rapporto e la dicotomia tra supporti cartacei e digitali?
Vivo questa dicotomia da sempre. Sono figlia dell’analogico e il digitale mi ha permesso di estendere la gioia che provo nell’occuparmi di carta e di parole scritte. Non smetterò mai di ringraziare il digitale per avermi permesso di esprimere le mie intuizioni, senza filtri o limitazioni, dandomi la possibilità di diventare tutto quello che desideravo senza attendere le decisioni di altri.
Il segreto rispetto al nuovo che sopraggiunge e che ci destabilizza secondo me è questo: non cercare a ogni modo di assomigliargli, ma capire quanto possa aiutare le nostre abitudini a essere più agili, fluide e significanti.
Infine una domanda che facciamo a tutti: che influenze ha avuto nel tuo lavoro il contesto in cui sei vissuta e la cultura d’appartenenza e c’è un rapporto tra loro?
Il luogo in cui sono nata ha nutrito ogni singolo istante della mia vita. Non smetterò mai di sentirmi grata di essere proprio qui e in questo tempo. Soprattutto di essere una donna libera, che ha potuto esprimere ciò che più amava senza imposizioni.
Non ho paura di quello che mi manca, la valigia della creatività è sempre pronta: con lei viaggio in prima classe, in posti amati dai più e in altri non ancora scoperti, tutti miei. Con la creatività posso trovarmi dove voglio e allenare il mio settimo senso, quello che considero più urgente e sottovalutato: l’empatia.