Intervista a Adriana Napolitano che ha raccontato a Printered la sua passione per la carta che l’ha portata a guardare con occhi diversi la sua città e le sue origini.
Con un focus particolare sull’arte della carta, il lavoro di Adriana Napolitano è una strana combinazione di set design, fotografia e ritocco digitale. Come designer freelance, ha lavorato nella progettazione e creazione artistica sia per servizi fotografici che per video. Come fotografa freelance, ha avuto esperienze in diversi ambiti, commerciale, ritratti, prodotto e soprattutto fotografia artistica.
Con uno stile definito e personale e una spiccata attenzione per il dettaglio, il suo lavoro trae ispirazione dalle piccole cose quotidiane. Pop, surrealismo e artigianalità mescolati insieme e un pizzico di humor… ecco il suo stile. Può lavorare con tutti i materiali, con una predilezione per la carta e i materiali di riuso.
Il tuo lavoro spazia dalla fotografia, ai video, al design, qual è il filo conduttore che unisce tutti questi ambiti?
Credo che il filo conduttore sia una necessità espressiva di base che il caso ha voluto che abbia trovato un mezzo ottimale nella somma di tutte queste discipline. Nella vita ho fatto vari lavori: scenografa, fotografa e quasi per caso ho iniziato a fondere le cose, trovando un mezzo espressivo che mi rappresenta alla perfezione.
Certo questa modalità di espressione potrà cambiare nel corso del tempo in base alle esperienze che farò, ma credo di aver trovato un mio equilibrio anche se mi lascio affascinare facilmente e sono molto curiosa.
Definisci in 3 parole/concetti cos’è per te la creatività.
Penso sempre che sia il risultato di una necessità espressiva e per quanto mi riguarda è semplicemente la capacità di guardare a qualcosa con uno sguardo personale, diverso ed essere in grado di restituirlo agli altri, riuscire a far percepire agli altri ciò che vedo con i miei occhi. Le mie ispirazioni non sono trascendentali, ma derivano dalla vita di tutti i giorni: prendere qualcosa di banale e riuscire a restituirlo agli altri con uno sguardo fresco, questo forse può essere chiamato creatività.
Secondo te che impatto ha il tuo lavoro (anche indiretto o inconscio) nella vita di tutti i giorni e nelle persone, soprattutto quando lavori su commissione per altri brand?
Spero positivo, in realtà quando lavoro su commissione, l’impatto che cerco di avere è quello che in teoria mi affida il committente, sono un veicolo, quindi in quel caso non è una espressione totalmente libera e personale. Spero di essere in grado il più delle volte di rendere ciò che il brand vuole comunicare.
Per i miei lavori personali, vorrei essere chiara quando cerco di comunicare qualcosa: quello che mi farebbe piacere ottenere, nel caso in cui tento di rappresentare una sensazione, è l’empatia con chi guarda. Allo stesso tempo l’importante è che il mio lavoro comunichi qualcosa, poi l’interpretazione è personale in tutto e non si può pretendere di veicolare un messaggio univoco.
Fai parte di Paper Artist Collettive e dici che ami la carta, raccontaci perchè.
La carta come tutte le cose nella mia vita mi è capitata un po’ per caso, nel senso che ho sempre utilizzato diversi materiali di riciclo, a seconda dell’estetica che il progetto richiedeva, poi a un certo punto ho scelto il mio mezzo preferito. La carta ha potenzialità sorprendenti, ma spesso viene snobbata perché forse è di uso troppo comune e pochi pensano al fatto che potrebbe diventare qualcosa di totalmente diverso e ho trovato uno stimolo interessante in questo materiale proprio per la sua banalità che può invece dar vita ad una serie di applicazioni incredibili.
Sempre alla ricerca di stimoli nuovi ho deciso di entrare a far parte di Paper Artist Collective, un gruppo virtuale in cui bisogna essere ammessi e dove il confronto avviene soprattutto sui social. Ci sono tanti stili diversi, non c’è niente che somigli ad altro. Adoro guardare i lavori altrui perché mi stimola a fare sempre meglio e mantiene viva la mia curiosità.
Che influenze ha avuto nel tuo lavoro il contesto in cui sei vissuta e la cultura d’appartenenza? E c’è un rapporto tra loro?
Sicuramente c’è un rapporto, non so in che misura, ma so che mi ha dato qualcosa, come anche il contesto familiare, i miei genitori amano i lavori manuali e la cartapesta è una tradizione locale di Matera, la mia città. Come capita a tanti giovani, ho fatto un giro lungo per tornare ad un materiale che appartiene alle mie origini. A Matera ci sono grandi tradizioni di artigiani, a cui ho sempre guardato con occhio distratto prima, ma mi rendo conto invece che mi hanno influenzato, anche a livello inconscio, e ora mi interessano da un punto di vista diverso.