Esistono tantissimi neri, ma quando il riferimento è alla stampa offset in genere consideriamo il nero “classico”, quello dato dalla composizione CMYK 0;0;0;100, ovvero con il 100% di inchiostro nero e basta. Il risultato però è di un nero spento, un effetto poco piacevole soprattutto quando ci sono ampi riempimenti neri.
Per testi, tracce o linee, invece, il nero “classico” va sempre bene, in questi casi, anzi, utilizzare il Rich Black è sempre sconisgliato perchè rischia di generare un fastidioso effetto sfocatura noto appunto come “fuori registro”.
Rich Black: come impostare correttamente il file di stampa
Quando il nero è utilizzato come riempimento è consigliabile puntare ad ottenere un nero più ricco, aggiungendo delle percentuali di inchiostro dei vari colori per renderlo più brillante.
Si parla quindi di Rich black o nero composito o nero di quadricromia con riferimento ad un particolare accorgimento da utilizzare in caso di ampi fondi piatti neri.
Alla lastra K al 100%, usata generalmente per comporre il fondo piatto nero, è possibile aggiungere una percentuale degli altri tre colori (ad esempio: C50% M50% e Y50%) per “rinforzare” il nero di quadricromia.
Una delle composizioni più classiche di nero ricco è quella C=40, M=60, Y=100, K=100. Fondamentale è la somma tra i 4 colori che non deve superare la quota di 300.
Questa somma viene definita TAC, total area coverage, che corrisponde alla somma delle percentuali di inchiostro in una determinata area.
Nei principali software di grafica, alla voce Preferenze > aspetto del nero oppure prestazioni visualizzazione c’è la possibilità di configurare l’aspetto a video del nero “standard” e del rich black.
Un esempio di Rich Black a mano
Se tutti questi numeri e parametri ti hanno confuso e vuoi provare a vedere dal vivo cosa intendiamo quando parliamo di nero ricco, prova a guardare con attenzione questo video, riesci a notare la differenza?